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La seconda guerra mondiale ha mostrato quanto l’umanità potesse essere brutale e irrispettosa. Ma nel dilagare della violenza, molti uomini si sono distinti per umanità e hanno operato per il bene. In questo articolo vi invito a mettere gli occhi sul bene fatto, durante il terribile conflitto, da uomini “normali”.

Giorgio Perlasca

Giorgio Perlasca – Perlasca con il presidente della Repubblica Francesco Cossiga il 30 giugno 1990

Giorgio Perlasca, tra il 1944 e il 1945 a Budapest riuscì a salvare dallo sterminio nazista migliaia di ungheresi di religione ebraica spacciandosi per Console spagnolo: ma lui non era nè diplomatico nè tanto meno spagnolo.

Giorgio Perlasca nasce a Como il 31 gennaio 1910. Da giovanissimo coltiva una grande ammirazione per le idee e le imprese di Gabriele D’Annunzio e negli anni Venti aderisce con entusiasmo al fascismo.

Negli anni Trenta si arruola nell’esercito fascista e parte come volontario per l’Africa Orientale prima e per la Spagna poi. Qui si trova a combattere in un reggimento di artiglieria proprio al fianco del generale Franco.

Al termine della guerra civile spagnola rientra in Italia e inizia a mettere in discussione la sua appartenenza al fascismo. Non condivide alcune scelte del regime come l’alleanza con la Germania, nazione contro cui l’Italia aveva combattuto solo vent’anni prima e l’emanazione delle leggi razziali entrate in vigore nel 1938. La discriminazione degli ebrei italiani lo porta ad allontanarsi dal fascismo, senza però entrare nelle fila dei movimenti antifascisti.

Durante la seconda guerra mondiale viene inviato nell’Est europeo, con un incarico di tipo diplomatico, con lo scopo di acquistare carne per l’Esercito italiano.
Quando nel ’43 il nuovo governo italiano firma l’Armistizio con gli Alleati Giorgio Perlasca è a Budapest. Dal momento che egli si sente fedele al Re si rifiuta di aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Per questo viene internato, per alcuni mesi, in un castello riservato ai diplomatici, in Ungheria.

A metà ottobre del 1944, in accordo con i tedeschi, i nazisti ungheresi, iniziano le persecuzioni, le violenze e le deportazioni degli ebrei ungheresi.

Giorgio Perlasca è destinato ad essere internato in Germania, ma approfittando di un permesso a Budapest per visita medica riesce a scappare.

Grazie a un documento firmato da Francisco Franco in persona, ricevuto al momento del congedo in Spagna, Giorgio Perlasca trova rifugio presso l’Ambasciata spagnola. Quindi si dischiara cittadino spagnolo, ottiene un regolare passaporto intestato a Jorge Perlasca e inizia a collaborare con l’Ambasciatore spagnolo.

La Spagna, come altre potenze neutrali presenti in Ungheria quali Svezia, Portogallo, Svizzera e Città del Vaticano, può rilasciare salvacondotti per proteggere i cittadini ungheresi di religione ebraica.

Alla fine di novembre l’Ambasciatore spagnolo deve lasciare Budapest e l’Ungheria. Inoltre il Ministero degli Interni ungherese ordina di sgomberare le case protette dall’ambasciata spagnola perché é venuto a conoscenza della partenza dell’Ambasciatore Sanz Briz.

In quel momoneto Giorgio Jorge Perlasca prende in mano la situazione. Dichiara che Sanz Briz si è recato a Berna per questioni diplomatiche e che ha incaricato proprio lui Jorge Perlasca di sostituirlo. Quindi, su carta intestata e con timbri autentici, compila di suo pugno la sua nomina a rappresentante diplomatico spagnolo e la presenta al Ministero degli Esteri dove le sue credenziali vengono accolte senza riserve.

Inizia così a gestire l’Ambasciata spagnola, riuscendo non solo a proteggere, ma anche a salvare e a sfamare, giorno dopo giorno migliaia di ebrei ungheresi inserendoli in “case protette” lungo il Danubio.

Inizia un febbrile lavoro per recuperare i protetti sottraendoli alle autorità tedesche di occupazione, per rilasciare salvacondotti e così Giorgio Perlasca, riesce a portare in salvo 5218 ebrei ungheresi.

Dopo l’entrata in Budapest dell’Armata Rossa, Giorgio Perlasca viene prima fatto prigioniero, poi liberato; affronta quindi un lungo e avventuroso viaggio attravesro i Balcani e la Turchia prima di rientrare in Italia.

Il finto ambasciatore torna a casa e non racconta a nessuno, nemmeno in famiglia, la sua storia.

Solo negli anni Ottanta, alcune donne ebree ungheresi, ragazzine all’epoca delle persecuzioni, iniziano a cercare notizie del diplomatico spagnolo che durante la seconda guerra mondiale le aveva salvate. In quel momento la straordinaria storia di Giorgio Perlasca esce dal silenzio.

Non più giovane Giorgio Perlasca accetta di parlare, di farsi intervistare, di recarsi nelle scuole per raccontare la sua storia. Non lo fa per protagonismo, ma solo perché ritiene necessario affidare ai giovani l’incarico di non permettere più che tali follie non abbiano mai più a ripetersi.

Giorgio Perlasca muore il 15 agosto del 1992. È sepolto nel cimitero di Maserà vicino a Padova, sulla sua tomba la frase scritta in ebraico “Giusto tra le Nazioni”.

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A chi gli chiedeva perché lo aveva fatto, rispondeva semplicemente: “. . . ma lei, avendo la possibilità di fare qualcosa, cosa avrebbe fatto vedendo uomini, donne e bambini massacrati senza un motivo se non l’odio e la violenza?

Video su Giorgio Perlasca

Intervista del 1990 a Giorgio Perlasca min. 13:48

Scene tratte dal film Giorgio Perlasca un eroe italiano min. 6:15

Il film “Perlasca un eroe italiano”

La ministerie televisiva con protagonista Luca Zingaretti per la regia di Alberto Negrin.

Parte 1

https://www.raiplay.it/video/2017/01/Perlasca—Un-eroe-italiano–Ep-1-bcab78e0-e4ad-40a8-93fd-3cef293bced0.html

Parte 2

https://www.raiplay.it/video/2017/01/Perlasca—Un-eroe-italiano-Ep-2-02c86c47-7504-4449-9894-d8effe60f6ae.html

Gino Bartali

Gino Bartali nasce a Ponte di Ema, un paesino vicino a Firenze nel 1914, dove trascorre la sua infanzia. Conosce da giovane Adriana e se ne innamora. Dal loro matrimonio nascono tre figli.

Appassionato di ciclismo da quando era poco più che un bambino, diventa professionista negli anni Trenta.  Dal 1935 Gino Bartali colleziona una vittoria dietro l’altra e nel 1936 vince il giro d’Italia.

Le numerosissime vittorie lo rendono famoso: diventa un eroe agli occhi degli italiani.

Purtroppo la guerra interrompe la sua carriera, ma gli permette di mostrare la sua straordinaria umanità.

Gino Bartali, durante la Seconda guerra mondiale, si adoperò contro la persecuzione degli ebrei. Infatti entrò a far parte dell’organizzazione clandestina DELASEM (Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei e collaborò con il rabbino e il vescovo di Firenze. Tra il 1943 e il 1944, con la scusa di allenarsi, trasportò documenti falsi destinati a famiglie ebraiche, da Firenze al convento francescano di Assisi.

Come fece? Li nascose nel telaio della sua bicicletta e così garantì a centinaia di ebrei una nuova identità ai perseguitati e gli permise di espatriare.

Per questo è insignito del titolo di Giusto tra le nazioni.

Video su Gino Bartali

Il film Bartali l’intramontabile

Il film narra la vita di Gino Bartali attraverso le sue vicende personali e sportive, dagli esordi fino alla fine della carriera avvenuta nel 1954. La regia è di Alberto Negrin e Bartali è interpretato da Pierfrancesco Favino.

https://www.raiplay.it/video/2019/07/Gino-Bartali-lIntramontabile-b3abbb2a-8b5f-42a9-be8e-45a0cca04d3d.html

Oskar Schindler

Oskar Schindler fu l’impreditore tedesco che salvò la vita a centinaia di ebrei con la scusa di farli lavorare nelle sue fabbriche.

Oskar Schindler e la sua fabbrica a Cracovia

Oskar Schindler nasce il 28 aprile del 1908 a Zwittau, in Moravia, una regione che a quel tempo faceva parte dell’impero austro-ungarico.

Giovane di intelligenza vivace, ma insofferente alle regole, Oskar Schindler frequenta la scuola dell’obbligo; quindi si iscrive a un istituto tecnico, da cui viene presto espulso per avere contraffatto il proprio libretto. Successivamente riesce comunque a diplomarsi, ma non sostiene gli esami necessari per andare all’università o al college. Impara diversi mestieri tra cui quello di parrucchiere. Lavora per tre anni per suo padre.

Con i primi soldi guadagnati acquista una moto, una Guzzi da competizione e comincia a gareggiare su percorsi di montagna.

Nel 1928 si sposa con Emilie Pelzl, figlia di un importante e benestante industriale. I due vivono per alcuni anni presso la casa dei genitori di Schindler, e qui vive per i sette anni seguenti.

Dopo il matrimonio Oskar Schindler lascia il lavoro con suo padre e si dedica a diverse mansioni: lavora per la Moravian Electrotechnic, per una scuola guida, per l’esercito ceco, dove raggiunge il grado di caporale.

Nel corso degli anni Trenta chiude sia la Moravian Electrotechnic che l’impresa di suo padre e così Oskar Schindler, dopo un periodo di disoccupazione viene assunto dalla Banca di Praga dove rimarrà per sette anni.

In quel periodo Oskar Schindler viene arrestato più volte per ubriachezza. Inoltre ha una relazione extraconiugale da cui ha due figli.

A metà degli anni Trenta Oskar Schindler si aggrega al Partito Tedesco dei Sudeti e pur essendo un cittadino della Cecoslovacchia, nel 1936 diventa una spia per l’Abwehr, i servizi segreti nazisti, scelta dettata, secondo quanto rivelato da lui successivamente, dal fatto di essere alcolizzato e pieno di debiti.

I suoi compiti prevedono che lui raccolga informazioni sulle ferrovie e sulle installazioni militari nel suo paese, sui movimenti delle truppe, sul reclutamento delle spie. In Cecoslovacchia infatti si teme un’invasione nazista.

Il 18 luglio del 1938, Schindler viene arrestato dal governo ceco per spionaggio e viene incarcerato. Ma viene ben presto rilasciato perchè la regione dei Sudeti viene annessa alla Germania il 1° ottobre 1938.

Nel 1939 Oskar Schindler entra ufficialmente nel partito nazista e viene trasferito con sua moglie sul confine tra la Repubblica Ceca e la Polonia. Qui viene coinvolto in affari di spionaggio e si fa aiutare dalla moglie a raccogliere e nascondere i documenti segreti nel suo appartamento. Il governo tedesco sta preparando l’invasione della Polonia.

Schindler continua a lavorare per l’Abwehr fino all’autunno del 1940 quando viene spedito in Turchia, per conto dei servizi segreti tedeschi, per indagare su presunti casi di corruzione.

Nel 1942 torna in Polonia dove assiste all’orrore della violenza nazista contro gli ebrei a Cracovia. Rimane sconcertato dalla mancanza di scrupoli dei soldati tedeschi nei confonti della popolazione civile inerme: chi cerca di scappare o di nascondersi viene ucciso barbaramente.

La vista della ferocia nazista trasforma il giovane scialacquatoree Oskar Schindler decide di dare il suo contributo a favore della popolazione ebrea.

Sfruttando le sue doti di diplomatico, Oskar Schindlerriesce ad ottenere che novecento ebrei vengano lasciati nel complesso industriale di sua proprietà; ufficialmente per avere forza lavoro gratuita (gli ebrei non avevano diritto ad un salario) ma con lo scopo reale di metterli al riparo dalla brutalità nazista. Questi sono gli uomini che vengono definiti i Schindlerjuden, cioè gli ebrei di Schindler:

Quando nel 1944 i tedeschi distruggono i campi di concentramento e uccidono le persone internate perchè la Polonia sta per essere liberata dall’Armata Rossa, Oskar Schindler riesce a trasferire più di mille ebrei in una fabbrica in Cecoslovacchia

Con la fine della guerra ‘uscita di scena di Hitler e del suo regime, conclusa la Seconda guerra mondiale, Schindler si trasferisce dapprima in Argentina poi ritorna in Germania. Non riesce però a riprendere la professione di imprenditore e si trova quasi in miseria.

Quando nel 1961 va in Israele, viene accolto con entusiasmo dai sopravvissuti all’Olocausto. Nel 1965 Oskar Schindler riceve la Croce al Merito di I Classe dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale Tedesca.

Oskar Schindler muore nel 1974, la salma viene trasferita a Gerusalemme e sulla lapide viene incisa la scritta “Giusto tra i giusti”.

Il vero potere non è poter uccidere, ma avere tutti i diritti di farlo, e trattenersi.

Oskar Schindler

Su di lui è stato fatto, nel 1993, il film “Schindler’s List“, la lista di Schindler, film di Steven Spielberg che ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Il film si ispira al romanzo, “La lista di Schindler” scritto nel 1982 dall’australiano Thomas Keneally.

Video su Schindler

Viceo 1

Video 2

Lucillo Merci

Lucillo merci – Il Perlaasca trentino – foto it.gariwo.net e www.altoadige.it
Lucillo merci ha falsificato più di 600 certificati attestanti la cittadinanza o la discendenza italiana: per salvare gli ebrei, non solo italiani, da Auschwitz e dalla morte.

Lucillo Merci nasce a Riva del Garda nel 1899. Dopo il diploma trova impiego come maestro elementare a Salorno.

Iscritto al partito fascista, nel 1923 è nominato direttore didattico a Malles Venosta. Qui diventa un punto di riferimento per le trecento maestre inviate da Mussolini con lo scopo di italianizzare gli altoatesini.

Lucillo Merci negli anni Trenta insegna alle scuole di Bronzolo e Malles, dove è anche nominato podestà. Nel 1938 è direttore alle “Rosmini” di Bolzano. Nel 1940 è chiamato alle armi: prima col grado di tenente sul fronte francese e poi viene assegnato, come capitano in Albania e Grecia, alla Divisione Aqui, quella divisione che sarà massacrata a Cefalonia.

Gli viene assegnato il grado di Capitano e combatte prima in Albania, poi in Grecia. 

Arrivato a Salonicco, nella zona greca occupata dai nazisti, il suo ottimo tedesco gli vale il distacco in qualità di interprete presso il Consolato. Salonicco era chiamata la Gerusalemme dei Balcani per l’alto numero di ebrei residenti, il 60 % circa della popolazione cittadina. Tra loro, migliaia sono gli italiani di fede ebraica.

Merci arriva nella città greca ai primi di ottobre del ’42, quando è già in corso l’occupazione tedesca. Il console italiano Guelfo Zamboni gli affida il compito di interprete e di ufficiale di collegamento con le autorità militari tedesche.

Entrambi sono fascisti, ma entrambi non hanno dubbi e non esitano a organizzare un piano per salvare gli ebrei, non solo italiani.

I nazisti a Salonicco vogliono ripulire la città dagli ebrei; per questo mandano temibili capitani delle SS Dieter Wisliceny e Alois Brunner, due fra i più terribili ed esperti organizzatori della “Soluzione finale”.

Merci scrive nel suo diario: “Abbiamo capito che sono stati mandati per liquidare definitivamente il problema degli ebrei”. Atene è sotto l’influenza italiana ed è un luogo sicuro per gli ebrei. E così Lucillo Merci e Consoli Guelfo Zamboni e Giuseppe Castruccio si adoperano per fornire documenti falsi che attestino la cittadinanza italiana agli ebrei destinati alla deportazione. Questi possono così salvarsi partendo per Atene o raggiungendo l’Italia. Lucillo Merci distribuisce personalmente i certificati all’interno dei campi di concentramento. 

Durante una licenza nel luglio 1943 Merci accompagna in Italia una quarantina di ebrei. Una ventina di questi riesce a salvarsi a Firenze; gli altri vengono scoperti e trucidati nella prima strage nazista di ebrei in Italia. Lucillo Merci grazie al suo perfetto tedesco e ad un carattere franco ed estroverso, riesce ad ammorbidire i tedeschi e se serve a tener testa agli ufficiali nazisti, che potrebbero punire con la morte l’aiuto che lui ha fornito agli ebrei. Dopo l’8 settembre viene arrestato dai tedeschi, ma il Console Castruccio riesce a farlo liberare. 

Nel settembre ’43,  dopo la chiusura del Consolato e la cessazione dei suoi incarichi ufficiali, Merci continua ad adoperarsi per salvare i perseguitati. In abiti borghesi, si impegna per i fuggiaschi italiani. Distribuisce cibo ai soldati prigionieri dei tedeschi per alleviarne i disagi e ne salva alcuni spacciandoli per insegnanti della comunità italiana di Salonicco. 

Dopo la guerra Lucillo Merci mantiene il più stretto riserbo sui suoi atti di salvataggio. Diventa ispettore scolastico nelle scuole in Alto Adige fino alla pensione nel 1964. Muore a Bolzano nel 1984. 

Brani tratti dal Diario di Lucillo Merci

Merci è autore di un diario i cui contenuti sono stati resi noti nel 2007 dallo storico Gianfranco Moscati e dagli studiosi dell’Archivio storico del Comune di Bolzano.

“Da circa due settimane prosegue la deportazione degli Ebrei greci in Polonia su treni formati da 40 carri bestiame, su ciascuno dei quali vengono pigiate 60 persone di ogni età. Ogni trasporto è di 2.400 persone.”
6 aprile 1943
“Continua in Consolato il rilascio di cittadinanza italiana agli Ebrei coniugi di cui uno di origine italiana che abbiano consanguinei, ascendenti, discendenti o collaterali (…) fra i quali ci sia o ci sia stato un congiunto di qualsiasi grado di parentela già italiano o con cognome italiano. Esempio specifico: quello dei coniugi Daniele e Bella Mentesch, contadini con tre figlioletti. Ignorano la lingua italiana. Tra gli ascendenti ci fu un cognome italiano”
7 maggio 1943
“Dal campo ‘Baron Hirsch’ sono stati liberati oggi 60 ebrei nati italiani o dichiarati italiani. Il 26 ne uscirono altri 5 e il 27 altri 4. Anche la famiglia di Rachele Modiano è stata liberata. Tutti insieme si sono dati appuntamento al nostro Consolato e fecero una grande dimostrazione di gratitudine al Signor Console e a me”.
25 – 28 maggio 1943
“Non nascondo che in taluni casi mi tremavano le vene e i polsi presentando taluni certificati agli Uffici tedeschi, indi, ogni volta l’elenco al Campo di concentramento per prendere in consegna gli ebrei liberati”.

Scrivere

Fonti

  • www.treccani.it/enciclopedia/giorgio-perlasca/
  • www.giorgioperlasca.it
  • https://biografieonline.it/biografia-oskar-schindler
  • https://it.gariwo.net/giusti/shoah-e-nazismo/lucillo-merci-1536.html
  • http://www.bolzano-scomparsa.it/lucillo_merci.html
  • https://www.giornaletrentino.it/cronaca/trento/lucillo-merci-il-perlasca-trentino-che-strapp%C3%B2-oltre-600-ebrei-alla-morte-1.2262176
  • https://biografieonline.it/biografia-gino-bartali
  • https://www.focus.it/cultura/storia/gino-bartali-doodle
  • https://www.elasticinterface.com/it/magazine/gino-bartali-shoah/