Valsugana News mag 22

Giovanni Boccaccio è il più famoso e importante novelliere della tradizione letteraria italiana. 

Nasce a Firenze, o a Certaldo, nell’estate del 1313, figlio illegittimo di Boccaccino di Chellino, un mercante certaldese che viveva a Firenze. 

Non abbiamo dati certi sulla madre di Giovanni, ma lui, nei suoi scritti, parla di una mamma molto tenera e presente. Si lamenta invece della durezza paterna e del fatto che il mercante non è ben disposto nei confronti delle sue inclinazioni letterarie.

Quando Giovanni compie 14 anni, deve seguire il padre a Napoli. Boccaccino lavora presso una delle più importanti istituzioni finanziarie del Trecento, il banco dei Bardi, che lo invia nella città partenopea. 

Napoli è una città vivace dal punto di vista culturale e mercantile e il suo sovrano è Roberto d’Angiò, uomo saggio e giusto, molto attento al mondo culturale: appassionato di filosofia e di arti divinatorie, ospita alla sua corte i più importanti esponenti del mondo artistico e culturale. 

Boccaccino vuole avviare il figlio agli affari commerciali e allo studio del diritto canonico e così Giovanni conosce il sistema finanziario e mercantile. 

Ma, nel tempo che gli resta libero, può frequentare la vivace corte di Roberto d’Angiò. Qui incontra artisti, letterati e maestri, ha libero accesso alla biblioteca reale, frequenta le lezioni all’università e si rende conto che la sua vera vocazione è nel mondo delle lettere. 

Gli interessi di Boccaccio non si limitano solo ai libri: infatti mentre stringe amicizia con personalità importanti, condivide anche la spensieratezza dei giovani aristocratici che, senza badare alle differenze sociali, lo accolgono come uno di loro.

E, alla corte angioina, Giovanni incontra anche l’amore: si innamora di Fiammetta, biondissima fanciulla che troviamo al centro di molte delle sue opere giovanili. 

Sotto questo nome si cela probabilmente l’identità di Maria, figlia illegittima del re Roberto, donna dotata di “mirabile bellezza” e di vivace intelligenza. La personalità di Fiammetta spicca nell’ambiente di corte, Boccaccio le dedica dei versi d’amore e, inizialmente, sembra che lei sia ben disposta verso il poeta. Ma dopo un po’ di tempo Fiammetta si stufa e rivolge ad un altro il suo sguardo amorevole. 

Il povero Boccaccio soffre le inevitabili pene d’amore, ma continua a scrivere i suoi versi d’amore, confidando che la sua amata torni da lui. E mentre lui coltiva questa inutile speranza, accadono degli eventi che cambiano per sempre la sua vita. 

Nel corso del Trecento, infatti, una crisi globale travolge il sistema economico e finanziario. 

All’inizio del secolo si manifesta una crisi in ambito agricolo e edilizio; nel 1337 inizia la sanguinosa Guerra dei cent’anni, destinata ad insanguinare l’Europa per più di un secolo; nel 1340 la compagnia dei Bardi, presso cui lavora il padre di Boccaccio, fa bancarotta. E così Boccaccio e suo padre sono costretti a rientrare in Toscana.  

A Firenze la situazione è difficile: la fiorente città che avevano lasciato è ora dilaniata da tensioni e conflitti di tipo politico, economico e sociale. Le attività commerciali sono in stallo e Giovanni si trova quindi ad avere molto tempo per dedicarsi con costanza alla sua passione, la scrittura. 

Il 1348 è un anno drammatico: dal Mar Nero arriva una terribile epidemia di peste che in pochi mesi travolge l’Europa. La popolazione europea in due anni passa da 70 a 50 milioni di abitanti. La pestilenza non colpisce ovunque allo stesso modo, ma la città di Firenze è travolta dal morbo e la città perde più di un terzo dei suoi cittadini. 

Giovanni Boccaccio vede morire il padre, molti famigliari e molti amici. In questa drammatica situazione però la sua creatività si accende: gli viene un’idea che lo renderà famoso. 

Boccaccio immagina che, durante l’epidemia, dieci giovani decidano di scappare da Firenze, per evitare il contagio, e si rifugino in una villa sulle colline circostanti. Devono però trovare il modo di riempire le giornate e, tra gli altri passatempi, ogni giorno ognuno di loro racconta una storia. Per rendere il tutto più interessante, le novelle hanno un tema diverso per ogni giornata, tema che sarà deciso a turno da ognuno di loro. E così Giovanni Boccaccio scrive cento novelle nel suo Decameron, il cui nome significa, in greco, dieci giornate. 

In quest’opera ci sono novelle per tutti i gusti, divertenti e tragiche, moraleggianti e dissacratorie, che parlano di amicizia e di amore, con lieto fine e anche con finali drammatici. Si parla di ingegno umano e di fortuna, di denaro e di commerci. Molte novelle sono famosissime come quella di Chichibio cuoco che riesce ad aver salva la vita grazie a una battuta di spirito o quella di Federigo degli Alberighi che perde tutto per amore di una fanciulla ma che poi, dopo molte disavventure, riuscirà a coronare il suo sogno d’amore. 

Questa straordinaria opera accresce la fama di cui Boccaccio godeva già tra i suoi concittadini e così gli vengono affidati incarichi prestigiosi, come ambasciatore, in Italia e in Europa. 

Nel 1350 ha l’occasione di conoscere un’altro dei più grandi poeti del Trecento: Francesco Petrarca, considerato il padre della poesia amorosa. Tra i due si instaura un preziosa amicizia destinata a durare: Boccaccio lo ammira con riverenza e Petrarca apprezza il talento del giovane. 

L’amicizia è tanto preziosa per noi perché, quando Boccaccio viene travolto da una terribile depressione e decide di dare alle fiamme il suo Decameron, Petrarca riesce a fargli cambiare idea e a far arrivare fino a noi questa straordinaria opera. 

Negli ultimi anni della sua vita si trasferisce Certaldo, dove si dedica alle amate lettere e alla meditazione. Grazie alla sua fama gli viene chiesto di leggere in pubblico la Divina Commedia di Dante, opera che già nel Trecento gode di uno straordinario successo; è quindi il primo commentatore dell’opera dantesca. 

Riesce ad adempiere a questo incarico solo in parte perché nel 1375 muore dopo aver letto il XVII canto dell’Inferno.