Francesco Petrarca il poeta che cantò l’amore
Pubblicato su Feltrino News Dicembre 2021
Francesco Petrarca è da tutti conosciuto come il padre della poesia amorosa: l’opera che l’ha reso immortale è il Canzoniere, una raccolta di 366 poesie quasi tutte dedicate a Laura.
Petrarca nasce nel 1304 ad Arezzo da una famiglia fiorentina in esilio per motivi politici. Nel Medioevo due erano i “partiti” che animavano la vita comunale, i ghibellini e guelfi: gli uni riconoscevano il potere all’Imperatore, mentre gli altri vedevano nel papa l’unica vera autorità.
A Firenze, una città ricca di attività e di cultura, tra il Duecento e il Trecento si sono alternati i governi dei guelfi e dei ghibellini. Allora succedeva che, quando un partito vinceva, a volte si limitava a cacciare gli esponenti dell’altra parte, altre li condannava a morte, requisiva i loro beni o faceva bruciare le loro case.
Nel 1260 i ghibellini avevano sconfitto i guelfi, ma nel 1267 i guelfi si erano ripresi Firenze. I fiorentini però erano un popolo rissoso; infatti non passò molto tempo che iniziarono a litigare tra loro e la città si trovò nuovamente divisa tra due fazioni: i guelfi bianchi e i guelfi neri.
I bianchi sostenevano che il papa non dovesse entrare nelle questioni politiche della città per interessarsi solo alle questioni spirituali, mentre i neri volevano mantenere i legami politici con il papato. E così le lotte a Firenze erano continuate, il contrasto tra le due fazioni sempre più lacerante. Nel 1301 i bianchi vennero cacciati e furono mandati in esilio; questa fu quindi la sorte del padre di Petrarca e anche di un altro famosissimo poeta, Dante Alighieri.
Per questo motivo Francesco Petrarca nasce lontano dalla sua Firenze, sotto il segno dell’esilio. La condizione di esule lascerà in lui un segno indelebile, tanto che lui, durante tutta la vita, dichiarerà di sentirsi «straniero ovunque».
Quando Francesco ha 8 anni la sua famiglia si trasferisce ad Avignone, in Francia, perché il padre è chiamato a lavorare alla corte del papa; ricordiamo che nel corso del Trecento la sede papale, per una settantina d’anni circa, è spostata ad Avignone, sotto la tutela del sovrano francese.
Nel 1316, obbligato dal padre, Francesco inizia a studiare legge a Montpelier e quattro anni dopo prosegue gli studi a Bologna. Quando suo padre muore, Petrarca può finalmente abbandonare gli studi di legge, per dedicarsi alle amate lettere; si trova però di fronte alla necessità di trovare un sostegno economico.
Nel Trecento, nessuna attività, al di fuori del mondo clericale, permetteva di dedicarsi allo studio; per questo, a 22 anni Petrarca decide di abbracciare la carriera ecclesiastica, non per chiamata divina (lui è uomo di mondo, attratto sia dalla fama, che deriva dall’essere poeta, che dal gentil sesso) ma per seguire la sua vocazione letteraria e filosofica.
Il poeta trascorre gli anni successivi come cappellano della famiglia Colonna: una condizione che gli permette sia di viaggiare, che di cercare pace e isolamento per i suoi studi.
Il 6 aprile del 1327 accade un fatto che segnerà per sempre la vita del poeta. Francesco si trova ad Avignone, nella chiesa di santa Chiara, alla celebrazione del Venerdì Santo quando i suoi occhi incontrano quelli di una giovane donna. Lui rimane agganciato a quello sguardo, si innamora perdutamente di lei e, come dichiara in un sonetto, i suoi guai iniziano lì: mentre tutta la Chiesa soffre per la morte di Cristo, Francesco conosce le pene d’amore. Lui, uomo di chiesa e di lettere, si innamora di Laura, giovane donna bionda, con occhi luminosi e voce angelica.
Inizia così il dissidio che lacera l’anima del poeta per tutta la vita: da un lato la scelta religiosa, dall’altra la passione per le cose del mondo, l’amore e la gloria.
Sul fronte letterario moltissime sono le opere che gli danno notorietà. Convinto di ottenere fama e gloria attraverso le opere in latino, ci si dedica con passione e nel 1341 il suo impegno intellettuale viene premiato: è incoronato “poeta” in Campidoglio, dal re di Napoli.
Ma all’amore per le lettere, si affianca la sua passione per le donne: non solo è innamorato di Laura, alla quale dedica centinaia di poesie, ma ha anche due figli.
Queste due tensioni, che lo portano verso direzioni opposte, provocano una lacerazione nell’animo del poeta. Francesco si sente incoerente perché l’amore per Laura lo allontana da Dio, a cui, per scelta ha consacrato la vita, ma non riesce a fare diversamente.
E come ne esce?
Petrarca trova una straordinaria via d’uscita a questo suo dissidio: scrivere.
Alla scrittura Francesco affida le pene del suo animo e crea delle liriche in cui mira alla perfezione della forma poetica.
Continua a lavorare alle sue poesie per tutta la vita, le lima fino a raggiungere una raffinatezza assoluta e, in quella perfezione, la lacerazione della sua anima si placa, l’istanza terrena e l’istanza spirituale trovano finalmente la pace.
Le liriche che compongono il Canzoniere sono per la maggior parte dedicate a Laura. Le poesie sono scritte tutte in volgare, la lingua che il popolo parlava nel Trecento. Petrarca non immaginava che l’opera che gli avrebbe dato l’immortalità sarebbe stata una delle due che aveva scritto in volgare, ma è andata proprio così; infatti oggi solo pochi ricordano le sue opere latine ma moltissimi di noi hanno letto almeno un suo sonetto.
Nelle sue liriche il poeta racconta le gioie dell’innamoramento, il dolore per la distanza da una donna che gli concede solo qualche sorriso, la speranza che si accende quando i loro sguardi si incrociano, il dolore per la morte di lei e la consolazione che gli deriva dal pensiero dell’amata.
Dopo una vita di viaggi, Petrarca muore a settant’anni, ad Arquà Petrarca.
Le sue poesie sono diventate il modello della poesia amorosa e da allora i poeti di tutti i tempi si sono misurati con le sue liriche.
Se volessimo oggi chiedergli un consiglio, io immagino che ci direbbe: “Scrivete, aprite la vostra anima, dedicatevi con amore alla scrittura e lì troverete pace.”
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