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Biografia

Ludovico Ariosto è il poeta che maggiormente incarna i canoni del Rinascimento. Uomo

  • di lettere e di armi,
  • di arte e di politica,
  • di chiesa e di vita mondana.

In Ariosto troviamo caratteri e contraddizioni dell’uomo rinascimentale.

Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia nel 1474. Suo padre Niccolò lavora al servizio degli estensi come il capitano della città di Reggio Emilia che appartiene al ducato di Ferrara.

Durante la giovinezza, Ariosto segue il padre che svolge incarichi per il duca d’Este in diverse città del Nord Est della penisola come Rovigo, Modena e Ferrara.

Per attendere alla sua formazione il padre fa affiancare Ludovico, il più grande dei suoi dieci figli, a maestri, pedagoghi e grammatici. La famiglia Ariosto ha dei possedimenti terrieri ma non è abbastanza ricca per garantire il sostentamento della famiglia. Ludovico quindi è chiamato agli studi giuridici che permettono di avere una professione ben remunerata.

Nel 1490 gli Ariosto si trasferiscono definitivamente a Ferrara. Qui Ludovico viene iscritto all’università per attendere agli studi giuridici, ma le sue passioni sono altre: il teatro e la letteratura.

Come Ariosto, moltissimi sono i letterati che sono stati spinti dalla famiglia a studiare legge; probabilmente è convinzione dei padri di ogni tempo che si mangi di più maneggiando codici che scrivendo poemi e terzine!

Quando può Ludovico Ariosto frequenta l’ambiente teatrale, segue una compagnia e, quando può, recita.

Dopo alcuni anni però il padre si rende conto che la passione del figlio è orientata altrove e, finalmente, gli concede di lasciare il diritto per le arti letterarie.

Inizia quindi il suo percorso di formazione in ambito umanistico-letterario, incontra molti letterati e soprattutto il più famoso poeta italiano dell’epoca, Pietro Bembo, che diventerà un suo caro amico.

Ludovico Ariosto si dedica con tale passione e estro alla poesia che i risultati non tardano a venire: infatti qualche anno dopo viene invitato alla corte di Ercole I d’Este, il signore di Ferrara.

Ercole I è un uomo di armi e di arte, un mecenate che vuole dare lustro alla sua corte attraverso la bellezza. Per questo invita alla sua corte i più grandi artisti dell’epoca.

Nel 1500 però muore Niccolò Ariosto e per il suo primogenito, Ludovico, la vita si fa difficile. Non solo egli deve trovare una via di sostentamento per sé, non avendo più il sostegno economico del padre, ma, essendo il più vecchio dei dieci figli, deve curarsi sia della formazione dei fratelli che della dote delle sorelle.

Inoltre, anche se i possedimenti della famiglia non bastano al loro sostentamento, vanno comunque gestiti e curati.

Ludovico Ariosto è quindi costretto ad allontanarsi da Ferrara per organizzare la gestione dei poderi di famiglia. Poi nel 1502 si trova costretto ad accettare un incarico di prestigio che gli viene offerto dalla famiglia Este. Invece che dedicarsi alle lettere, Ludovico si trova ad assumere il ruolo di capitano presso la Rocca di Canossa.

Nella gestione degli affari politici e militari, Ludovico manifesta grande abilità e si fa molto apprezzare.

Ben presto gli viene quindi offerta una nuova opportunità: mettersi al servizio del Cardinale Ippolito d’Este. Il Cardinale aveva bisogno di un segretario personale, ma era necessario che questi fosse un chierico; suo malgrado quindi Ludovico Ariosto deve nuovamente fare una scelta per il bene della famiglia: prende gli ordini minori ed entra a servizio del cardinale.

Anche Francesco Petrarca, due secoli prima, aveva deciso di prendere gli ordini minori dopo che suo padre era morto: senza più il sostegno economico garantito dal padre aveva dovuto entrare nelle braccia di Santa Madre Chiesa. Una sorte simile li accomuna: entrambi hanno bisogno di una nuova protezione.

Ludovico Ariosto però non è molto soddisfatto perché non ha avuto in dono una vocazione e non ama neppure attendere agli incarichi che il cardinale gli impone. Lui vuole solo dedicarsi all’otium letterario, allo studio, alla lettura dei classici.

Se non bastasse, c’è anche un altro motivo che lo rende insofferente alla sua condizione: l’amore. Ludovico si innamora di una giovane donna, Alessandra Benucci, una fanciulla sposata che però lo corrisponde.

La loro relazione inizia in gran segreto e dura molti anni. Quando la donna resterà vedova, Ludovico Ariosto la sposerà, ma sempre segretamente, per non perdere i benefici economici garantiti dalla sua condizione di chierico.

Quando nel 1517 il cardinale Ippolito d’Este decide di partire per un lungo viaggio in Ungheria, Ludovico Ariosto lascia il suo servizio: non intende lasciare Ferrara e la donna che ama.

Questo gli costa la perdita dell’impiego, ma l’anno successivo viene richiamato alla corte dal duca Alfonso d’Este. Per alcuni anni la sua vita è quella di un cortigiano, ma nel 1522 accade un fatto nuovo.

Il duca d’Este conquista la Garfagnana, ma la gestione di questa regione è complicata. Infatti nonostante la vittoria degli estensi la regione è continuamente lacerata da conflitti interni.

Il duce decide allora di inviare l’Ariosto: lo nomina governatore e lo incarica di pacificare la zona.

Ludovico Ariosto mostra le sue straordinarie capacità di gestione e di negoziazione e in breve porta brillantemente a termine l’incarico assegnatogli: la pace è ristabilita grazie alla fermezza e all’equilibrio del suo governatore.

Il duca d’Este è molto soddisfatto del lavoro di Ariosto e vorrebbe offrirgli altri incarichi, ma a quel punto Ludovico è stufo. Non ne può più di armi e intrighi di palazzo: lui vuole solo dedicarsi alla scrittura e essere circondato dalla sua amata e dagli amici.

E così, finalmente, negli ultimi anni, Ludovico Ariosto può dedicarsi all’otium letterario, tanto sognato durante tutta la vita. Muore a Ferrara nel 1533 e viene riconosciuto come grande poeta e le sue opere sono apprezzate ovunque.

Periodo storico e letterario

Ludovico Ariosto nasce in pieno Rinascimento, il periodo che segna la rinascita delle lettere e delle arti.

La rinascita culturale e artistico si colloca tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’Era Moderna.

Tra Quattrocento e Cinquecento diverse sono le novità:

  • 1453 – La caduta di Costantinopoli
  • 1455 – L’invenzione della stampa a caratteri mobili fatta da Johannes Gutenberg.
  • 1492 – Cristoforo Colombo sbarca nel Nuovo mondo, evento che cambia gli equilibri dell’Europa.
  • 1492 muore Lorenzo il Magnifico. Era il Signore di Firenze, massimo esponente della famiglia Medici. Politico brillante com’era aveva permesso che gli stati italiani vivessero in pace per molte decine di anni. La sua morte riapre tensioni e conflitti che portano a un ventennio di guerre che si concludono con la pace di Noyon e il dominio francese nel Nord e quello spagnolo nel Sud della penisola.
  • 1517 – Martin Lutero pubblica le sue 95 tesi sul duomo di Wittenberg. Da questo atto di denuncia deriveranno una serie di conseguenze che porteranno alla Riforma Protestante e alla conseguente divisione tra cattolici e protestanti.

Dal punto di vista culturale le varie corti italiane conquistano i territori con le armi ma poi investono molto denaro per mostrare il loro potere attraverso varie forme di arte. Per questo invitano alle loro corti pittori, scultori, poeti architetti, artisti che possano esaltare la loro potenza.

Una delle corti più ricche del Cinquecento è quella degli Este a Ferrara. Alla loro corte soggiornano molti dei più autorevoli artisti del Cinquecento.

Le opere più importanti di Ludovico Ariosto

Ludovico Ariosto scrive lungo tutta la vita soprattutto in lingua volgare.

Rime

Il titolo generico identifica tutte i componimenti poetici scritti da Ariosto in volgare.

Non fu mai curata dall’autore la raccolta per la pubblicazione ma vennero pubblicati postumi nel 1546.

Le Rime sono composte da:

  • 41 sonetti,
  • 12 madrigali,
  • 5 canzoni,
  • 27 capitoli in terza rima.

Aventuroso carcere soave

Aventuroso carcere soave,
dove né per furor né per dispetto,
ma per amor e per pietà distretto
la bella e dolce mia nemica m’ave;

gli altri prigioni al volger de la chiave
s’attristano, io m’allegro: ché diletto
e non martir, vita et non morte aspetto;
né giudice sever né legge grave,

ma benigne accoglienze, ma complessi
licenziosi, ma parole sciolte
da ogni fren, ma risi, vezzi e giochi;

ma dolci baci, dolcemente impressi
ben mille e mille e mille e mille volte;
e, se potran contarsi, anche fien pochi.
La mia bella e dolce nemica, cioè la mia amata,
mi ha rinchiuso in un meraviglioso, fortunato, soave
carcere.
Non mi ha rinchiuso lì dentro per rabbia,
ne per farmi un dispetto,
mi ha rinchiuso lì solo per amore.

Quando gli altri innamorati,
che sono prigionieri del loro amore,
sentono girare la chiave
che è nelle mani della loro amata,
quando cioè essi sentono stringere il lacci d’amore,
essi si rattristano, si intristiscono
perché quell’amore li fa soffrire;
io invece ne sono molto rallegrato.
Infatti per me l’amore è solo un piacere
e non un tormento,
io resto in attesa della vita che viene dall’amore,
non mi aspetto la morte.
Per me l’amore non coincide
nè con un severo giudice
e neppure con un legame troppo stretto

o troppo serio.
Per me l’amore è fatto di accoglienza benevola
e di abbracci sensuali e audaci,
di discorsi liberi da ogni timore,
da sorrisi e risate, da carezze e da giochi;
è fatto di dolci baci impressi

mille e mille volte ancora e,
se fosse possibile contare questi baci,
questi saranno ancora pochi
rispetto a quelli che ci saremo scambiati.

Il sonetto è caratterizzato da una sintassi ampia che non si lascia contenere dallo schema di terzine e quartine. Anche se la sintassi non rispetta lo schema del sonetto, il testo è ritmato.

Dalla prigionia amorosa che lega tutti gli innamorati emerge l’unicità del poeta: lui attende fiducioso l’amore e si lascia travolgere, nell’attesa dalla sensuale fervida immaginazione.

FIGURE RETORICHE
Ossimoro – v. 1 “carcere soave”
Antitesi – v. 4 “bella e dolce mia nemica”
Anafora vv. 9- 11 “ma … ma …” – “mille … mille” vv. 13-14

Satire

Ludovico Ariosto ama smascherare i difetti e le fragilità dell’uomo e della sua società. Le Satire sono composizioni a carattere opere a carattere morale e comico che hanno lo scopo di criticare i comportamenti e la politica. Si tratta di un genere reso famoso dai poeti latino come Giovenale e Orazio, che sono stati studiate e commentati dagli umanisti.

Aristo che ama la satira nel 1517 inaugura la tradizione satirica in volgare.

Sette sono le satire ariostesche, tutte destinate ad amici e conoscenti; tutte trattano di un episodio autobiografico e rivendicano delle ragioni morali.

Per tutte la forma è epistolare.

Satira
num.
Destinatario Episodio
autobiografico
Ragioni morali
1Il fratello Alessandro
l’amico Ludovico
Rifiuto di seguire il Cardinal Ippolito in UngheriaRivendica il diritto ad avere la propria libertà e di vivere negli affetti dedicandosi ai suoi studi
2il fratello GalassoNecessità di un alloggio a RomaDenuncia la corruzione e l’avidità della corte pontificia
3il cugino AnnibaleNuovo impego presso il duca AlfonsoEsprime i vantaggi di una vita sobria e tranquilla; parla della ricchezza che deriva dalla fantasia e dall’interiorità
4il cugino SigismondoDifficili mansioni come governatore della GarfagnanaEsprime la nostalgia per la mancanza dell’amata Alessandra e della poesia
5 il cugino Annibale Nozze di AnnibaleEsprime scettico distacco dal matrimonio e parla della volubilità femminile
6Pietro BemboRichiesta di un insegnante di greco per suo figlioEsprime la difficoltà di trovare insegnanti di elevata moralità e considera che spesso l’erudizione conduce al vizio invece che alla virtù
7il cancelliere BonaventuraRifiuto dell’incarico come ambasciatore estense presso Clemente VIIRibadisce la sua distanza dalle ambizioni mondane e esprime la preferenza per il proprio mondo

Le commedie

Il Rinascimento segna sia la rinascita del teatro classico la nascita del teatro moderno.

Ludovico Ariosto aveva iniziato prestissimo ad appassionarsi al teatro tanto che a soli 19 anni si cimenta nella scrittura di un’opera ora perduta, la Tragedia di Tisbe.

Ma il genere teatrale che ha successo nelle corti è la commedia che si inserisce perfettamente nel contesto cenebrativo e festoso della vita cortigiana. Vanno molto di moda i testi dei commediografi latini e anche Ariosto inizia col tradurre e mettere in scena diverse opere di Plauto e alcune di Terenzio.

Poi si cimenta con la scrittura di opere originali e scrive in prosa

  • La cassaria,
  • I suppositi,
  • Il negromante

Scrive in versi

  • I studenti, che però rimane incompiuta,
  • La Lena.

I protagonisti di queste commedie sono popolani, servi, prostitute e furfanti. Il poeta racconta le vicende e i vizi dei ferraresi e li descrive come un popolo senza virtù, egoista e diffidente. L’unico interesse che sembra abbiano i suoi concittadini è il profitto.

Le sue commedie diventano presto un modello per il genere teatrale comico a cui si riferiranno gli autori successivi. I cinque atti in cui è articolata la commedia hanno uno spettacolare apparato scenografico spettacolare. Non si bada a spese pittura, scultura musica e danza concorrono a realizzare uno spettacolo tanto divertente quanto sfarzoso.

L’Orlando Furioso

La corte di Ferrara è ricca e solida e il potere militare degli estensi è riconosciuto; le narrazioni legate alla vita militare, le regole della cavalleria e gli onori guerrieri attirano l’attenzione della corte anche perchè le guerre d’Italia vedono frequenti scontri tra casate italiane e eserciti stranieri.

L’argomento cavalleresco è quindi un argomento sentito e amato. Si diffondono diversi poemi cavallereschi che traggono ispirazione sia dal ciclo bretone che da quello carolingio.

Il ciclo carolingio narra le gesta dei Paladini di Carlo Magno: Famosa è la Chanson de Roland in cui si narra delle imprese del prode paladino di Carlo Magno.

Il ciclo bretone racconta le imprese di Re Artù e del cavalieri della tavola rotonda, ma anche gli incantesimi di mago Merlino e gli amori dei prodi.

A fine Quattrocento Matteo Maria Boiardo, feudatario di un piccolo emiliano e poeta alla corte ferrarese aveva scritto l’Orlando innamorato, un’opera cavalleresca che riprende i temi e i personaggi del mondo cortese mescolando tra loro elementi tratti sia dal ciclo bretone che dal carolingio. L’opera però rimane incompiuta per la morte improvvisa dell’autore.

Ludovico Ariosto, anche lui alla corte estense come Boiardo, decide di portare avanti il racconto e iniziando da dove era stato interrotto.

Il poema è scritto in 46 canti in ottave. Il verso usato è l’endecasillabo. La forma delle ottave è rigida e le rime sono ABABABCC.. Questa struttura metrica è molto usata all’epoca.

Questa la prima strofa.

Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, A
le cortesie, l’audaci imprese io canto, B
che furo al tempo che passaro i Mori A
d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, B
seguendo l’ire e i giovenil furori A
d’Agramante lor re, che si diè vanto B
di vendicar la morte di Troiano C
sopra re Carlo imperator romano. C

La vicenda narrata è molto complessa in quanto ruota attorno a tre filoni narrativi.

  1. La guerra tra i cristiani guidati da Carlo Magno e i saraceni comandati da Agramante.
  2. L’amore di Orlando per la principessa Angelica e la follia che travolge il paladino quando si rende conto che la sua amata lo ha tradito.
  3. L’unico amore che avrà un lieto fine, quello di Ruggiero e Bradamante, dalla cui uinone ha origine la casata degli estensi. Qui è racchiuso il tema encomiastico.

Quali sono la caratteristiche che sanciscono il successo dell’Orlando Furioso?

  • Innanzitutto l’Orlando Furioso è scritto nella lingua di uso del popolo. il volgare.
  • La narrazione procede con uno stile leggero e divertente, spesso addirittura comico. Questo affascina non solo i popolani ma anche la nobiltà.
  • Ludovico Ariosto inventa la suspense, sa creare attesa. Infatti la coesistenza dei tre filoni narrativi gli consente di interrompere gli episodi del Furioso nei momenti più adatti a tenere i lettori col fiato sospeso.
  • L’Ariosto sa che la magia affascina da sempre e quindi inserisce con saggezza maghi, pozioni e incantesimo con cui incantare anche noi.
  • Scrive in modo semplice, immediato, con naturalezza e riesce creare sfondi e ambienti in cui il lettore si trova inserito.

Pensiero e poetica dell’Ariosto

Ludovico Ariosto è uomo del Rinascimento: vorrebbe dedicare la sua vita allo studio, all’otium che hanno teorizzato i latini, una condizione di tranquillità in cui leggere, studiare, riflettere e scrivere. Per dedicarsi all’otium letterario però è necessaria una rendita che i poderi degli Ariosto non gli forniscono.

Così alla morte del padre, accetta di prendere gli ordini minori, entra al servizio del cardinale Ipplito d’Este e beneficia di uno stipendio regolare. Non ama attandere alle incombenze diplomatiche o politiche che gli vengono assegnate, ma nello svolgere i lavoro che gli vengono assegnati viene molto apprezzato sia dagli estensi che dalle popolazioni presso cui è chiamato a svolgere le sue attività.

Nella vita deve adempiere a degli obblighi ma quando scrive può togliere le briglie ai cavalli dellal sua fantasia. E così nelle Satire e nell’Orlando Furioso affida alla penna sogni e riflessioni, desideri e magia, fantasuia e comicità.

Scrivere gli consente di astrarsi dalle incombenze e di volare. E così i suoi personaggi, vittime del destino a volte impietoso, percorrono le labirintiche vie del suo romanzo regalando al lettore emozioni e divertimento.

Ottiene questo intrecciando diverse linee narrative, tradizioni antiche e consuetudini moderne, in un gioco pirotecnico e sfavillante.

Ma sotto la patina di allegria e di leggerezza passano le riflessioni esistenziali del poeta. Che cosa è importante?

  • Le ricchezze e il successo sono spesso gestite dalla Dea bendata, la Fortuna, e l’uomo non ha potere su di essa.
  • Le vicende della vita sono imprevedibili e disorientano gli uomini.

E allora cosa possiamo fare?

Ludovico Ariosto ritiene che per vivere felici sia molti più utile

  • moderare i propri desideri,
  • godere degli affetti che si è riusciti a costruire,
  • cercare la pace interiore.

Per Ludovico Ariosto l’otium, l’attività intellettuale, è la via semplice e sicura per trovare la pace interiore e raggiungere la felicità, felicità che è impossibile trovare fuori da sé stessi, ma che ricercata nel profondo dell’animo umano schiude la possibilità di godere di una vita serena.

Angelica è la metafora della ricerca vana della felicità: tutti la rincorrono ma lei fugge altrove. Orlando addirittura perde il senno e impazzisce. Ma anche Angelica segue i proncipi di Ariosot: non le interessano le ricchezze e lo sfarzo, si innamora di un semplice fante, senza ricchezze materiali, ma colpo di amore per lei.

Quando Astolfo si reca sulla luna per recuperare il senno perso da Orlando, vi trova molte virtù morali che gli uomini hanno perso e dimenticato. Ariosto ci invita quindi a riprendere contatto con i beni immateriali di cui ci siamo scordati. E ci invita parimenti a cercare valori e virtù per godere delle piccole cose quotidiane e degli affetti preziosi.

Ma Ludovico Ariosto ci dà un’altra ricetta per la felicità: la fantasia, la comincità e l’ironia. A volte la vita smette di sorriderci, ma se sappiamo guardare la realtà attraverso le lenti dell’ironia e della fantasia, sarà più facile affrontare i magici intrecci che al quotidianità ci riserva.